Nel gennaio del 1506 la notizia era sulla bocca di tutti: il ritrovamento di una statua, in una vigna sull’Esquilino, di una favoloso gruppo statuario antico: il Laocoonte. Talmente ghiotta come preda di collezionisti e appassionati d’arte (anche Isabella d’Este avrebbe fatto di tutto per acquistarla) che subito il più furbo e potente di tutti, papa Giulio II, decide di inviare sul posto Giuliano da Sangallo per accertarsi della bontà della scoperta. La scena, l’eccitazione generale, il grande stupore di fronte a quello che si riconosce subito come un pezzo originale greco, sono riportate nel racconto di Francesco da Sangallo che, undicenne all’epoca dei fatti, segue il padre nel sopralluogo: “Fu detto al papa, che in una vigna presso a Santa Maria Maggiore s’era trovato certe statue molto belle. El papa comandò a un palafreniere «Va, et di’ a Giuliano da S.Gallo, che subito là vadia a vedere». Et così subito s’andò. Et perché Michelagnolo Bonarroti si tornava continuamente in casa, che mio padre l’haveva fatto venire, et gli haveva allogata la sepolture del papa et vole che ancor lui andasse; ed io così in groppa a mio padre, et andammo. Et scesi dove erano le statue: subito mio padre disse «Questo è Hilacoonte, che fa mentione Plinio», et si fece crescere la buca per poterlo tirar fuora. Et visto, ci tornammo a desinare et sempre si ragionò delle cose antiche”. Passa poco tempo e il papa fa fuori ogni altro contendente e si porta il Laocoonte in Vaticano, dove ancora oggi fa bella mostra di sé di fronte alle migliaia di persone che ogni giorno lo ammirano.