"Teatro? Tragedia e commedia? Giammai!!!"
Questo, più o meno, il pensiero di un qualsiasi romano dell'età repubblicana. Troppo frivolo starsene seduti un paio d'ore senza far nulla, stando fermi ad ascoltare quattro attori declamare versi. Molto meglio sfruttare quello stesso tempo per partecipare ad un comizio, coltivare campi o costruire ponti ed acquedotti, tutto tranne che metter piede in un teatro, anche perché decisamente troppo greco...maledetti greci! Sempre in agguato per corrompere con le loro mollezze la cultura rude e pura del popolo di Quirino.
Ci voleva un problema grosso per sbloccare questa situazione di stallo, e in questo caso il problema è rappresentato da una pestilenza che colpisce la città nel 364 a.C. Tito Livio racconta a questo proposito che, per propiziare la fine dell'epidemia, furono organizzati dei ludi scaenici chiamando però attori dall'Etruria visto che, pur avendo cercato ovunque, di attori a Roma non se ne trovavano proprio...si sa poi come vanno le cose: l'epidemia finisce, qualcuno comincia a prenderci gusto ed ecco che timidamente si comincia a sussurrare che poi alla fine il teatro non è così male...il resto è storia, ma ne parliamo un'altra volta.