La chiesa è talmente piccina che, leggenda vuole, possa essere contenuta comodamente in uno dei piloni che sorreggono la cupola della basilica di san Pietro, ma mai come in questo caso vale il vecchio detto “nella botte piccola c’è il vino buono”, perché san Carlino alle Quattro Fontane è un vero capolavoro in miniatura, tanto che in miniatura è pure il nome. Artefice è, manco a dirlo, Francesco Borromini che per i Trinitari scalzi si sentì libero di seguire appieno la sua ispirazione, facendo apparire uno spazio decisamente piccolo come un’autentica visione paradisiaca. L’interno è quasi completamente candido (ma in fondo non consigliano tutte le riviste di arredamento di dipingere le pareti di bianco per far sembrare le nostre case più grandi?) e animato solo da elementi architettonici: colonne, capitelli, stucchi e statue. Ma quello che colpisce di più è forse la cupola, in cui Borromini si cimenta in un vero e proprio puzzle di ottagoni, esagoni e croci, che danno l’impressione di uno spazio molto più ampio di quello che in realtà non è (verso la sommità della cupola le forme si fanno più piccole per accentuare il senso della distanza, in una riuscita illusione ottica), con la colomba dello Spirito Santo che sovrasta tutto come in un’apparizione soprannaturale. Entrare in chiesa e dare un’occhiata ogni volta che si passa da lì è quasi un obbligo, per mantenere il nostro occhio allenato alla bellezza.