Se avete notato che nei post torna con una certa frequenza il nome di Borromini vuol dire che:
- Leggete con una certa frequenza il blog, e di questo vi ringrazio!
- Ho una passione sfrenata per Borromini;
- Roma è una città soprattutto barocca, per cui è facile imbattersi in qualcosa (vedi foto) che porta la sua firma.
È il caso ad esempio dell’oratorio dei Filippini, costruito accanto alla chiesa di santa Maria in Vallicella. Come al solito, anche in questo caso lo sfortunato architetto si trova a dover tribolare non poco, visto che gli oratoriani (l’ordine che nasce su impulso di san Filippo Neri) avevano idee ben precise riguardo alla costruzione dell’edificio, che doveva essere bello ma non troppo, ricco ma non troppo, per non mettere in ombra la chiesa lì accanto. Pensa che ti ripensa, disegna e cancella, calcola e progetta, ne viene fuori un capolavoro di leggerezza, una grande facciata in mattoni che sembra però piegarsi per un refolo di vento: curve concave e convesse, rientranze e sporgenze, tutto in movimento, niente è banale in questo edificio. Ma lui, Borromini, non era certo convinto, e gli bruciava il fatto di non aver avuto carta bianca, tanto da scrivere, nel suo Opus Architetonicum: “prego chiunque dovesse leggere queste mie osservazioni di riflettere sul fatto che io ho dovuto servire una congregazione di anime così limitate che hanno trattenuto le mie mani dall’applicare degli ornamenti, e di conseguenza in molti posti mi è toccato di ubbidire alla loro volontà anziché all’arte”. Che caratteraccio…