Da che mondo è mondo i romani, da Lucullo ad Aldo Fabrizi, sono stati sempre sensibili alla buona tavola, tanto da riuscire a creare piatti sopraffini con pochi (e poveri) ingredienti, e da trovare una ghiotta scappatoia anche alle più rigide convezioni religiose. Prendiamo il periodo quaresimale ad esempio, quaranta giorni di ristrettezze e di rinunce… decisamente troppo per chi della cucina ha fatto quasi una religione. Pensa che ti ripensa, sono nati allora i Quaresimali, dei dolci simili a panini (o meglio, ai romanissimi maritozzi, che tutti però conosciamo nella versione più golosa, quella con la panna) farciti con uvetta e pinoli. Ebbene, questi dolcetti erano gli unici concessi durante il periodo che precede la Pasqua…va da sé che i più golosi si facessero ad un certo punto prendere la mano, come spiega bene Giggi Zanazzo, grande conoscitore di storie romane ed inesauribile fonte di informazioni e aneddoti: “In Quaresima, per devozione, si mangiano i maritozzi; anzi c’è qualcuno che è così devoto da mangiarsene chissà quanti al giorno. Meno male che lo fa per devozione!”