Per alcuni è la macchina da scrivere del titolo, per altri una torta nuziale, per i turisti un’immancabile occasione per fare una foto, per altri ancora, semplicemente, un monumento mal riuscito. Di certo il Vittoriano divide, e sembra che nessuno possa fare a meno di esprimere un’opinione davanti a questo enorme blocco di marmo botticino…(a proposito, sembra che il marmo così immacolato e di certo poco comune a Roma e dintorni sia stato scelto per omaggiare il ministro Zanardelli e alla sua terra d’origine, la provincia di Brescia). Immaginato subito dopo la morte di Vittorio Emanuele II nel 1878, si pensò subito di costruirlo in piazza Esedra, nella zona dove la città si stava espandendo maggiormente. Alla fine invece prevalse l’idea di collocarlo come grande fondale di via del Corso, mostrando purtroppo grande noncuranza di tutto il tessuto urbano medievale e rinascimentale che sorgeva là attorno, e coprendo in gran parte la vista del foro romano e del Campidoglio. Cinquant’anni e quattro architetti (Giuseppe Sacconi, Gaetano Koch, Pio Piacentini e Manfredo Manfredi) per costruirlo, e infinite critiche che continuano anche oggi.