Ricordate la foto di ieri? Quell'edificio ha fatto per secolo penare e sospirare i romani, ma in qualche caso ha anche offerto loro una boccata d'ossigeno: si tratta infatti del Monte di Pietà (o il monte d'empietà, come qualcuno lo chiamava sottolineando i tassi d'interesse che si applicavano); istituzione che nasce a Roma, con l'intento di arginare la pratica del prestito ad usura, nel 1527 su iniziativa del padre Giovanni da Calvi. All'inizio la sede del monte non era stabile: passa quindi dalla zona dei Banchi Vecchi a via dei Coronari, (in effetti ancora oggi una traversa di questa strada conserva il nome di vicolo di Montevecchio) per arrivare, nel 1603, in un palazzo di Campo de' Fiori - nell'ordierna piazza del Monte di Pietà, appunto - costruito alla fine del '500 da Ottaviano Mascarino per il cardinale Santacroce. Il palazzo venne in realtà ampliato anche negli anni successivi: Carlo Maderno è il primo a metterci le mani; poi, nel Settecento, venne il tempo di Nicola Salvi che curò la facciata posteriore, verso la chiesa della santissima Trinità dei Pellegrini. L'interno del Monte (che conserva ancora oggi la sua antica funzione) nasconde anche una straordinaria cappella, difficilmente visitabile (apre le sue porte solitamente in occasione delle giornate dell'ABI, Associazione Bancaria Italiana) ma grandiosa nella sua ricchissima decorazione barocca, alla quale hanno collaborato artisti del calibro di Agostino Cornacchini, Jean-Baptiste Théodon e Domenico Guidi. Tornando invece all'esterno, sembra che l'orologio che svetta sul piccolo campanile non segni mai l'ora guista: la ragione starebbe in una sorta di maledizione lanciata dallo stesso orologiaio che sembra venne pagato meno della cifra pattuita e che si vendicò incidendo sul quadrante la frase: "per non esser state a nostre patte, Orologio del Monte sempre matte". La scritta è poi misteriosamente scomparsa, forse cancellata dagli stessi gestori del monte...