Com’è possibile che un mausoleo imperiale, costruito per celebrare la vita – e la morte – di Adriano, sopravviva nei secoli mantenendo quasi completamente intatta la sua struttura, ma con un nome che non c’entra affatto con la sua storia originaria, se tutti ci riferiamo al monumento chiamandolo Castel sant’Angelo? Semplice, basta un papa, una pestilenza e un arcangelo. Era l’agosto del 590 e, come spesso accadeva nelle torridi estati romane, la città era devastata da una grande epidemia che sembrava non dare tregua. Dove non arrivarono rimedi medici e semplici regole igieniche, arrivò papa Gregorio Magno che decise di organizzare una grande processione per chiedere intercessione divina: il corteo, con in testa lo stesso pontefice e l’icona della Vergine di santa Maria Maggiore, stava percorrendo il ponte Elio, che ancora oggi costituisce l’accesso monumentale al mausoleo, quando si fermò per l’improvvisa apparizione dell'arcangelo Michele che, sulla cima del monumento, stava riponendo una grossa spada. Fu facile per il papa interpretare questa visione come simbolo dell’imminente conclusione dell’epidemia, che in effetti da lì a poco smise di fare vittime. Ci vorrà tuttavia solo qualche altro secolo per soppiantare quasi del tutto, nella memoria dei romani, Adriano con l’angelo, l’impero con la cristianità…fino ad arrivare ad una pacifica convivenza nel Rinascimento, quando papi come Clemente VII e Paolo III faranno rivivere, in quello che era ormai diventato palazzo pontificio, i fasti della classicità.