Può sembrare strano ma, in una città divisa in due da un fiume, i ponti non sono stati mai molto numerosi, forse anche perché, almeno in epoca classica e poi - ma in misura minore - nel medioevo, il tessuto abitativo di Roma si trovava in gran parte sulla riva sinistra del Tevere. Non soprende più allora constatare che per avere il primo ponte moderno i romani abbiano dovuto aspettare fino al giubileo del 1475, quando Sisto IV, per regolare il traffico delle migliaia di pellegrini che sarebbero arrivati in pellegrinaggio in città, e per evitare la tragedia del Giubileo del 1450, quando per un incidente su ponte sant'Angelo decine di pellegrini erano caduti nel fiume, decide di costruire un nuovo ponte che avrebbe collegato la zona di Campo de' Fiori con quella di Trastevere. La tradizione vuole che i fondi vennero reperiti dalle tasse imposte alle cortigiane, che certo non mancavano in città; sembra però che si tratti, appunto, solo di un pettegolezzo dell’epoca (anche se pratiche del genere non erano affatto infrequenti). Caratteristica del ponte è la grande apertura centrale, “l’occhialone” usato dai romani per misurare il livello del fiume: quando l’acqua arrivava alla sua altezza, allora c’era di che preoccuparsi.