Difficile la vita degli artisti, specie di quelli rinascimentali che non avevano la tv, i giornali, Facebook o Twitter come cassa di risonanza del loro lavoro. Poteva allora capitare che, perché mal sopportati da qualcuno parecchio influente, cadessero presto nel dimenticatoio. Successe al povero Lorenzo Lotto, che si trovò ad affrontare la concorrenza di Tiziano e del suo capo ufficio stampa, Pietro Aretino, sempre pronto a screditare ogni altro pittore sulla piazza. Successe anche, ed è il caso che oggi ci interessa, a Pinturicchio. Sentite cosa scrive il Vasari all'inzio della biografia dedicata al pittore umbro: "Sì come sono molti aiutati dalla fortuna senza essere di molta virtù dotati [...] il che si vide nel Pinturicchio da Perugia, il quale ancor che facesse molti lavori e fusse aiutato da diversi, ebbe nondimeno molto maggior nome che le sue opere non meritarono". Un giudizio del genere, così lapidario, ha lasciato purtroppo il segno, e la fortuna critica di Pinturicchio, squisito pittore della fine del Quattrocento, è stata decisamente altalenante. Oggi, lontani dai pregiudizi di Vasari, possiamo gustare appieno una delle più belle opere che il nostro ha lasciato a Roma, nella basilica dell'Ara Coeli. Siamo nella cappella Bufalini (alla quale appartiene anche la decorazione a grottesca della foto pubblicata ieri), affrescata da Pinturicchio alla fine degli anni '80 del '400 per Niccolò di Manno Bufalini, avvocato concistoriale a Roma. Le pareti della cappella narrano la storia di san Bernardino da Siena - fondamentale nell'appianare i dissidi tra le famiglie Bufalini e Baglioni - dalla giovinezza alla conversione, dalle esequie alla gloria della parete centrale (nella foto). Le scene, soprattutto quella dei funerali del santo, rivelano una stretta parentela con gli affreschi della cappella Sistina, ai quali Pinturicchio aveva certamente lavorato come aiuto del Perugino, e rappresentano, per la citazione costante di elementi della cultura e dell'arte antica, uno delle più interessanti testimonianze di come la Roma dei Cesari tornasse a vivere tra XV e XVI secolo. Con buona pace di Giorgio Vasari...