C'è Augusto che, a cento giorni dalla morte (o meglio, a cento giorni dal divenire un dio) scrive all'amata moglie Livia e tira le somme della sua lunga vita citando il
Giulio Cesare di Shakespeare; c'è Paolo Camillo, senatore romano del 306 d.C. "pagano abbiente, colto e illuminato" che vive l'epoca del delucato passaggio tra
paganesimo - e persecuzioni verso i cristiani - e l'editto di Costantino, che stabilisce invece la libertà di culto. E poi c'è Pietro Augusto Camillo, nipote del precedente, che vive novant'anni
dopo il nonno e che, a differenza di lui, è cristiano. C'è tutto questo, e tanto altro, dentro Tre favole romane (Il Mulino) il piacevolissimo libro di Piero Boitani, professore
universitario che si diverte a mischiare passato e presente, Dante e Plutarco. Surreale, ma irresistibile.