Le lenticchie sono pronte nella dispensa, lo spumante è già in frigo, la lingerie rossa l'avete appena acquistata...se fossimo però nell'antica Roma (almeno in epoca monarchica e repubblicana)
nessuno vivrebbe con trepidazione questi ultimi giorni di dicembre, e nessuno cercherebbe un invito dell'ultimo momento per non trascorrere l'ultimo dell'anno da solo. L'anno nuovo infatti i
romani lo festeggiavano a marzo, alle idi di marzo per essere più precisi, quando in città si celebrava Anna Perenna, la dea del trascorrere delle stagioni: è il giorno in cui si attraversava il
Tevere (la gita fuori porta della nostra tradizione più recente) organizzando una sorta di pic-nic ante litteram, mangiando e bevendo più vino possibile perché le coppe vuotate
indicavano quanti anni uno avrebbe vissuto (Ovidio scriveva che gli uomini bevevano abbastanza per raggiungere l'età di Nestore, morto ultra centenario...). Quello stesso giorno, mentre gli
artigiani si riunivano nel santuario di Minerva, venivano anche purificate le armi, segno dell'imminente inizio della stagione della guerra. Non si sa bene in che periodo si cominciò a
festeggiare l'inizio dell'anno a gennaio; per alcuni infatti tutto dipese dalla riforma del calendario di Giulio Cesare, per altri avvenne anche prima, attorno alla metà del II secolo a.C. Sia
come sia, all'inizio di Januarius i cittadini romani festeggiavano l'antica dea Strenia (o Strenua, o Strenna) regalandosi ramoscelli d'olivo, fichi e mele, nella speranza che il nuovo
anno potesse essere dolce come quei doni...buon anno allora!