“Egli dichiarò in greco a gran voce a coloro che erano presenti: “sia lanciato il dado” e condusse l'esercito attraverso il Rubicone”. Ci sono frasi che cambiano la storia, e questa è una di quelle. È la mattina dell’11 gennaio del 49 a.C. e Cesare, che ha conquistato la Gallia e sconfitto il temibile Vercingetorige, attraversa il fiumiciattolo dalle parti di Forlì a capo del suo esercito, dichiarando esplicitamente guerra a Roma, visto che chiunque varcava il confine tra Gallia e Italia alla testa di uomini era considerato nemico della città. Sembra che Cesare in realtà, in procinto di attraversare il fiume avesse avuto un attimo di esitazione, considerando probabilmente le conseguenze di quel gesto e l’inevitabile scontro con Pompeo, ma che alla fine abbia deciso di proseguire verso Roma…il perché ce lo racconta Svetonio: “Un uomo di grande statura e bello apparve improvvisamente nelle vicinanze, sedeva e suonava un flauto. Accorsi a lui oltre ad alcuni pastori molti soldati, fra cui trombettieri, dai loro posti per ascoltarlo, lo sconosciuto strappò di mano a uno dei soldati la tromba, balzò giù nel fiume, prese a suonare con tutte le sue forze il segnale d’attacco e si diresse all’altra riva. Allora Cesare esclamò: “Si vada là dove ci chiamano i seguaci degli dei e iniquità dei nemici”. Insomma, se anche gli dei davano il loro consenso, perché non tentare?