“Aveva in una loggia di casa molti vasi di fiori, di cui assai si dilettava, e non poco tempo nella loro coltivazione per rinnovarli ogni anno impiegava, [Mario] vi prese a poco a poco egli pure qualche amore, ed a gara cercavano de’ più rari […]. Ne ebbero finalmente certi così vaghi, che sparsene pel vicinato la voce corse per tutta la contrada, e pochi vi rimasero, che non andassero a vederli. Disse allora il figlio al padre, che voleva prima che andasser male disegnarli, e disegnati che gli ebbe, conforme aveva già principiato a far qualche quadretto, e che gli pareva di maneggiar competentemente bene i colori, li colorì tali quali egli erano in una tela al naturale”. La parole dello scrittore e collezionista di Lione Pascoli fanno intendere che il piccolo Mario fosse un vero predestinato, circondato da fiori fin da piccolino, affascinato a tal punto dalle corolle perfette, dai profumi delicati e dai petali colorati, da decidere che i fiori sarebbero stati gli unici protagonisti della sua carriera di pittore. Importanti a tal punto che Mario si identifica con loro, fino a perdere il suo stesso cognome (Nuzzi) per diventare, agli occhi di tutti, Mario de' Fiori. Una carriera sfolgorante la sua, che lo porterà, negli anni centrali del XVII secolo (muore nel 1673) a lavorare per i maggiori collezionisti romani, dai Rospigliosi ai Barberini, dai Colonna ai Theodoli, e a radunare attorno a sé una vasta bottega che contribuì a fare la fortuna di un genere tra i più amati della pittura barocca.