Non so voi, ma quando entro in certe chiese di Roma la cosa che più mi colpisce è spesso il pavimento. Succede soprattutto quando questo è decorato da un puzzle di marmi colorati, tagliati e accostati in maniera perfetta, quasi fosse un mandala tibetano (ma molto più resistente di quelli originali, disegnati nella sabbia e destinati a vita brevissima). Una tecnica - quella dell'opus sectile o dell'opus tessellatum - che ha in realtà profonde radici nell'arte classica romana, ma che raggiunge il suo apice in queste forme proprio in epoca medievale grazie soprattutto all'operato dei Cosmati e dei Vassalletto. Sono state proprio gli esponenti di queste due famiglie a dar corpo a questi labirinti pieni di colori, precisissimi e intricatissimi, che sono per fortuna visibili ancora in molte chiese e basiliche di Roma. Quello che vedete nella foto è ad esempio un particolare del pavimento della chiesetta di san Benedetto in Piscinula, a Trastevere, un gioiellino che secondo la tradizione fu costruito proprio sopra la dimora che avrebbe ospitato il santo durante il suo soggiorno romano. Come che sia, entrare nella chiesa è come fare un salto nel Medioevo: a parte il pavimento, resta infatti ben visibile l'assetto originario, datato al XII secolo, con le colonne di spoglio a dividere le tre piccole navate, ed i resti di affreschi datati tra XII e XIV secolo. Quando si dice che nella botte piccola c'è il vino buono...