I lettori de Il Messaggero, quotidiano col quale vanta una collaborazione decennale, hanno imparato a conoscerlo (e a conoscere Roma) articolo dopo articolo; i non romani leggono i suoi articoli su riviste specializzate o hanno i suoi libri sul comodino...insomma, Fabio Isman è tra le firme più note in Italia quando si parla di giornalismo d'arte. E si è gentilmente prestato a rispondere a qualche domanda.
Allora Fabio, come hai cominciato ad occuparti di arte e cultura?
Fino al 1980 mi sono occupato essenzialmente di cronaca e politica. Poi mi sono reso conto che, nonostante esistessero tanti critici d'arte, non c'era nessuno che facesse il cronista di beni culturali. Ho deciso quindi di farlo io, di raccontare quello che succedeva nelle soprintendenze, delle costanti mancanze di fondi, di progetti preferiti ad altri senza nessuna ragione apparente. Poi è arrivato il tempo della "grande razzia" di opere illegalmente esportate all'estero, il tempo del processo Medici Becchina che seguito interamente...ecco, ho cominciato così.
Parlando di oggi, quali sono i problemi della cultura a Roma?
Roma soffre di una serie di vizi di fondo, soprattutto la scarsità di fondi: in effetti tutti i progetti importanti sono stati realizzati grazie a leggi speciali, come la legge Biasini (che nel 1981 ha stanziato 180 miliardi per combattere il degrado dei monumenti romani) o con le grandi sponsorizzazioni, come è avvenuto per il restauro del Colosseo. Ma in realtà i grandi restauri sono necessari proprio perché manca la manutenzione ordinaria, e manca sopratutto per i beni meno noti. Poi, il susseguirsi di ministri, soprintendenti e funzionari ha di certo impedito di pensare a progetti di lunga portata, che permettessero di superare problemi romani che sono però gli stessi di tutta Italia: il tempo medio di un turista a Roma è di tre giorni, durante i quali si vede il Colosseo, si visitano i Musei Vaticani e si passeggia tra piazza di Spagna e fontana di Trevi. Gli stessi musei Capitolini, che sono il primo museo al mondo, diventano quasi marginali. Ecco, si dovrebbe pensare ad un progetto che consenta ai turisti di conoscere anche altro.
Parliamo adesso del tuo nuovo libro, Andare per le città ideali: cosa voleva fare Sisto V al Colosseo?
Il Colosseo è un grande simbolo laico, spesso i papi hanno provato a tirarlo dalla loro parte. Sisto V per esempio ha prima provato a demolirlo per far passare di lì una strada, poi di costruirvi una chiesa all'interno e infine di installarvi filande per la lavorazione della lana. La sua idea era di sviluppare una vera e propria industria, con 36 filande e, al piano superiore dell'anfiteatro, 36 miniappartamenti (senza bagni ovviamente, non contemplati all'epoca) progettati da Domenico Fontana. Solo la morte del papa ha impedito la realizzazione del progetto.
Parlando in generale, c'è mai stato un artista sopravvalutato a Roma?
Direi di no, tutti sono stati valutati in maniera più o meno esatta. Quel che viene invece spesso ignorato è il patrimonio perduto, quelle opere cioè che nel tempo hanno lasciato la città.
Ultima domanda: il luogo che preferisci a Roma?
Uno solo? Impossibile, devo dirne almeno due che mi divertono molto: il primo è la piazza dei Cavalieri di Malta, e non per il buco della serratura che guarda verso san Pietro, ma perché è l'unica piazza al mondo che non è stata realizzata da un architetto. E poi mi piace piazzale Socrate, a Monte Mario, perché da li si vede la stessa cosa che vedevano i pellegrini quando arrivavano a Roma. E poi ci sono i SS. Quattro Coronati, che però non sono il luogo più bello di Roma, ma del mondo intero...