Lettrice accanita fin da bambina, scrittrice per passione e Roma scelta come protagonista dei suoi libri. Oggi parliamo con Emma Pomilio
Quando ha cominciato a scrivere? Perché ha deciso di dedicarsi quasi esclusivamente alla storia di Roma?
Ho cominciato a scrivere piuttosto tardi, ho fatto altre cose prima, ma è giunto un momento in cui mi sono trovata insoddisfatta e mi sono chiesta: Ma io che so fare veramente? Io invento storie, ho risposto. Mi sono confrontata col passato, vengo da una famiglia di scrittori e da ragazza ero brava a scrivere, così mi sono gettata in questa avventura e devo dire che mi è andata bene, poiché il mio primo romanzo lo ha pubblicato Mondadori. Oggi mi piace questo lavoro che mi tiene sulla corda, che è sempre interessante nella sua complessità e ogni tanto dà anche delle soddisfazioni. Mi sono dedicata a Roma poiché Roma mi affascina e con la sua storia millenaria presenta grandi possibilità di ambientazioni diverse per il romanziere. Su Roma c’è sempre da scoprire qualcosa di nuovo. Non meno importante per me è il fatto che Roma rappresenta il nostro momento di grande splendore, pur se ormai tanto lontano. Ma il messaggio di Roma è ancora vivo e fruibile perché Roma è stata grande e la presenza romana è ancora forte, non solo nella lingua e nel nostro modo di pensare: i Romani sono stati grandi costruttori, e oggi siamo circondati da monumenti romani non solo in Italia e in tante città europee, ma anche tutt'intorno al Mediterraneo. Non li possiamo ignorare, e noi italiani abbiamo il dovere di interessarci particolarmente di Roma e scriverne, anche perché molti non italiani lo fanno, e questo dovrebbe farci riflettere.
Come sceglie il tema dei suoi romanzi, il periodo in cui ambientarli e chi saranno i protagonisti?
Un mio romanzo nasce spesso per motivi fortuiti, poi si alimenta e cresce con lo studio e l’immaginazione. Il mio primo libro, Dominus, è nato dalla riflessione sul fatto che a Roma spesso coabitavano figli del padrone e della moglie legittima con i figli nati dal padrone e dalle schiave, che erano schiavi a tutti gli effetti. Ho intuito che da questo argomento, inserito nel contesto giusto, la rivolta di Spartaco, sarebbero nate le vicende drammatiche di un romanzo che coniugasse azione e introspezione, guerra e vita familiare, il pubblico e il privato di Roma. Invece il mio ultimo romanzo, La vespa nell'ambra, che è un giallo, si basa come punto di partenza su un fatto di cronaca moderno: una testimone di un delitto sparisce, si rende introvabile, e ha un motivo validissimo per non testimoniare. Per trasporre l’idea a Roma ho scelto l’età di Cesare, in cui la storia di questa donna sarebbe stata plausibile.
Ma queste sono solo delle lampadine che si accendono, poi intorno si fa un grosso lavoro con la costruzione del contesto sociale e della trama con diverse vicende, tanto che il nucleo originario a volte viene velato e sembra dimenticato. Per quanto riguarda i personaggi, non scelgo di preferenza i più famosi, anche se nei miei romanzi ci sono sempre e svolgono ruoli chiave. In realtà, anche se i personaggi famosi attirano molto i lettori, a me piace, e lo ritengo un dovere, dare voce a tante persone a cui la storia l’ha negata, come gli schiavi e le donne. Ritengo che questo sia giusto da parte di chi ha la possibilità di essere pubblicato da un grande editore e avere una buona distribuzione.
C’è qualche autore in particolare che l’ha ispirata?
Molti direi, soprattutto storici più che romanzieri, per comprendere la società e le consuetudini dell'Antica Roma. Ma sono tanti, e questa pagina diventerebbe un elenco. Ne nomino solo uno: per descrivere la vita delle donne mi ha giovato molto la lettura di Eva Cantarella. Di sicuro mi hanno ispirato le opere di autori antichi, come Livio, Plutarco, Appiano, Cassio Dione, Sallustio... Le atmosfere cupe di Tacito mi hanno ispirato il mio secondo romanzo La notte di Roma, sui rapporti tra Roma e i Germani e la battaglia di Teutoburgo.
Dopo La vespa nell'ambra sta lavorando a qualche nuova storia?
Sì certo, un romanzo sulla Roma dei Tarquini, anzi dico meglio, sulla Grande Roma dei Tarquini, e sulla enigmatica figura di Mastarna-Servio Tullio, uomo che si riteneva il prediletto della Fortuna. Fu un tiranno, poiché prese il potere in modo irregolare, eppure fu molto amato, riuscì a fare grandi riforme e fu considerato dai Romani il secondo fondatore di Roma.
Il libro migliore su Roma che sia mai stato scritto, che sia un saggio o un romanzo?
I libri su Roma sono tanti, mi piacerebbe averli letti tutti, ma non è possibile. Tra quelli che ho letto (e che sono tanti comunque) la scelta è difficile, non c'è l’assoluto. A parlare qui sono i miei gusti e le mie tendenze del momento. Per primo mi è venuto in mente un romanzo, Giuliano di Gore Vidal. Proporrei anche dei saggi molto affascinanti. Non si tratta di un solo libro, ma di una serie opere che si integrano a vicenda: quelle di Andrea Carandini sulla fondazione di Roma, da cui ho preso ispirazione per scrivere il romanzo Il ribelle, che tratta appunto della fondazione della città eterna.
Qual'è il luogo di Roma che preferisce?
Roma è talmente bella, come scegliere? Ma i luoghi di Roma non sono soltanto belli, sono testimoni della storia. Io preferisco i monumenti e i luoghi dell'antica Roma, per quanto violentati e depredati nei secoli, e forse in una certa misura proprio per questo, per motivi sentimentali, mi addolora lo scempio che ne è stato fatto. Mi è particolarmente caro il Palatino, dove secondo la tradizione Romolo fondò Roma. Il Palatino domina il Foro e il Circo Massimo e ancora conserva resti di capanne. Dai Romani antichi, che vi custodivano la casa di Romolo, era ritenuto un luogo particolarmente simbolico e perciò prestigioso, vi erano molte residenze private di famiglie illustri, vi abitarono Silla, Catilina, Antonio, Ortensio, Clodio, Milone, Crasso, Tiberio Gracco, Druso, anche Cicerone da homo novus volle acquistarvi una casa. Dopo Augusto è diventato residenza degli imperatori, e da Palatium deriva il termine palazzo, come centro di potere. Il Palatino è un luogo emblematico per l’intera civiltà occidentale.