"Già in quer palazzo der ducentodicinnove non ce staveno che signori grossi: quarche famijia de generone: ma soprattutto signori novi de commercio, quelli che un po' d'anni avanti li chiamaveno ancora pescicani. E il palazzo, poi, la gente der popolo lo chiamaveno er palazzo dell'oro. Perché tutto er casamento insino ar tetto era come imbottito de quer metallo. Drento poi, c'ereno du scale, A e B, co sei piano e co dodici inquilini cadauna, due per piano". Ci sono delle strade di Roma che sono ormai indissolubilmente legate ad alcune personalità. Dite via Merulana, e immediatamente vi viene in mente Carlo Emilio Gadda, che sceglie la strada tra san Giovanni e santa Maria Maggiore per la sua opera più famosa, tanto che oggi anche uno dei bar che si affaccia sulla via ha il nome del romanzo. Ispirato ad un efferato fatto di cronaca, le vicende dei protagonisti si snodano tra via Merulana e la chiesa dei santi Quattro Coronati, piazza Vittorio e via Panisperna, fino a via di santo Stefano del Cacco, dove si trova il commissariato di Francesco Ingravallo che indaga sul caso. Milanese d'origine, Gadda è tuttavia romano d'adozione: in città si trasferisce nel 1950 e qui visse fino all'anno della morte, il 1973. Ancora oggi riposa in città, all'ombra della Piramide, nel cimitero acattolico di Testaccio.