"Fu Bartolomeo Pinelli di media statura, di fisionomia e di portamento vivaci; portò folta la capigliatura che a lunghi boccoli gli incorniciava il viso e gli scendeva inanellata dinanzi [...]; i tratti del viso ebbe marcati, ma regolari, e non portò che i piccoli mustacchi": lo storico e scrittore David Silvagni descrive così a fine Ottocento Bartolomeo Pinelli, il pittore e incisore romano (nacque a Trastevere il 20 novembre 1781) che possiamo considerare come il contraltare dei grandi poeti romaneschi, per aver saputo tradurre in disegno i costumi e le tradizioni del popolo romano, non meno di quanto fecero in versi Belli prima e Trilussa poi. Ma quello che ci interessa oggi è il Pinelli filofrancese, quello che aderì agli ideali del governo napoleonico e accettò parecchie commissioni, come il disegno della foto (esposto al museo Napoleonico) che mostra la fama che annuncia ai quattro venti la nascita del Re di Roma, quel Francesco Carlo, figlio di Napoleone, che in realtà a Roma non metterà mai piede. Nulla impedì comunque a Pinelli, caduto Napoleone, di tornare a lavorare come se nulla fosse a opere che celebrassero il ritorno di papa Pio VII in città. Ecco, la coerenza non sarà forse stata la sua dote migliore, ma quel tratto rapido, quel fare ironico, quel caratteraccio che ci descrivono le fonti mi piace lo stesso.