Che quei due non potessero andare d'accordo lo si capisce subito, entrando prima a sant'Andrea al Quirinale e poi a san Carlino alle Quattro Fontane. Pochi passi di distanza, ma a dividerli una concezione del mondo e dell'arte del tutto opposta. Uno, Bernini, è un geniale ed infallibile spaccone, che dà del tu al papa e spande oro dove può, e fa di sant'Andrea al Quirinale un teatro in cui lo spettatore (che non è più solo fedele) assiste a bocca aperta all'apoteosi del santo tra un turbine di angioletti indaffaratissimi. L'altro, Borromini, è introverso e malinconico, crede nel valore del disegno e del progetto sopra ogni cosa, e a san Carlino toglie tutto per arrivare all'essenziale della forma, rendendo il suo chiostro uno dei più belli di sempre. Eppure, anche se così diversi, non si può dire chi fu migliore, né chi il più barocco tra i due. E in fondo a noi, che di stabilire primati poco ci importa, resta l'impareggiabile fortuna di goderceli entrambi.