C'era una volta l'architetto Luigi Coppedè, ma tutti lo chiamavano Gino. Un giorno, nel 1915, la Società Anonima Edilizia Moderna gli chiese di progettare un quartiere da costruire proprio accanto a piazza Buenos Aires e Coppedè immaginò un mondo tutto suo, fatto di villini delle fate che sembrano presi dalle pagine di qualche favola medievale, pieni di torrette, archi, logge e tante, tantissime decorazioni fantastiche sparse qua e là: un leone accovacciato che sembra un po' scorbutico, un faccione minaccioso che non vuole essere disturbato. E poi i palazzi con le decorazioni in ferro battuto e quelli di ispirazione liberty (come nel palazzo del ragno, che però non ho fotografato perché i ragni mi fanno impressione) o la fontana simbolo del quartiere, quella delle rane: chissà se è vero che i Beatles, in quella estate del '65 che li portò a suonare a Roma, si buttarono vestiti di tutto punto nella vasca? A Coppedè comunque, il fatto di immaginare gli scarafaggi che fanno il bagno con le rane, sarebbe piaciuto.