Forse c'è una targa sul muro del vostro palazzo, o forse su quello proprio accanto al vostro, e quella targa avrà in questi giorni una corona d'alloro più verde del solito. Avete mai letto a chi è dedicata? Il 23 marzo del 1944, il giorno in cui qualcuno festeggiava l'istituzione dei fasci di combattimento, qualcun altro stava invece preparando un attacco contro le truppe di SS che occupavano la città. Sono quasi le quattro del pomeriggio quando il battaglione Bozen passa da via Rasella: la bomba (che i GAP, i gruppi di azione patriottica, hanno nascosto dentro il carretto di uno spazzino) esplode, e uccide subito 26 soldati tedeschi. I gerarchi arrivano poco dopo, minacciando di voler far saltare in aria l'intero quartiere, mentre poi si procede al rastrellamento di più di 250 persone. Prendono chi capita: chi abita da quelle parti, chi semplicemente sta passando per una commissione, chi non ha neanche ancora capito cosa è successo. Arriva anche Kappler, viene informato Hitler, interviene Kesserling: si decide per una rappresaglia. Alla sera si prende la decisione: dovranno essere fucilati dieci italiani per ogni soldato morto, che nel frattempo sono diventati 32. Come trovare 320 Todeskandidaten, candidati alla morte, in poche ore? Si scelgono le persone già condannate, ma sono poche; si cerca negli elenchi degli arrestati di via Rasella, ma sempre pochi sono, si aggiungono quasi sessanta ebrei, ma sono sempre troppo pochi. Si prendono gli antifascisti, ma ancora non sono così tanti. Si chiede al questore Caruso, ma con la sua lista non si arriva al numero esatto. Arriva l'alba del 24 marzo, i camion cominciano a trasportare i condannati verso il luogo scelto per l'esecuzione: alle cave Ardeatine si possono fucilare indisturbati più di trecento persone senza che nessuno se ne accorga, ci sono solo i salesiani da quelle parti, ma sono comunque troppo distanti per capire cosa succede. A gruppi di cinque persone alla volta vengono uccise 330 persone, ma poi se spuntano fuori altre cinque, che qualcuno ha sbagliato i conti. Non si possono rilasciare, hanno visto e sentito troppe cose, vengono uccise anche loro. Ora ci sono trecentotrentacinque corpi ammassati nelle cave, e non si può mica lasciare tutto così, si deve nascondere quello scempio: vengono fatti saltare i due ingressi, si aprono due voragini che guardano inutilmente verso il cielo, i detriti chiudono il passaggio. I tedeschi pensano per sempre, ma qualcuno comincia a capire: ci vorranno tuttavia ancora quattro mesi per iniziare il penoso lavoro di riconoscimento di quel che è rimasto. Qualcuno riconosce il padre dall'orologio, qualcun altro da quello che teneva nel portafoglio, qualcuno ancora oggi è rimasto senza nome. Il mausoleo delle fosse ardeatine è uno dei luoghi della città in cui passeggiare nella nostra storia più recente è più penoso, ma forse proprio per questo è un cammino che si deve fare per non dimenticare. Leggete il nome su quella targa che sta sopra al vostro portone, è uno dei trecentotrentacinque delle fosse Ardeatine.