A riconferma del fatto che c'è sempre qualcosa da imparare, o da studiare più a fondo, qualche giorno fa mi sono regalata una bella visita alla mostra da poco aperta a palazzo Braschi, Roma. Nascita di una capitale 1870-1915 (in programma fino al prossimo 26 settembre). Perché certo, c'è la Roma antica, i Cesari e la nascita dell'impero, e poi il Rinascimento, i papi del Barocco che ho studiato così tanto da considerarli quasi miei parenti, con tutti i loro (tanti) vizi e virtù, poi sì, c'è la Roma moderna, ma insomma, diciamocelo, la parte più importante della storia della città è un'altra. Ed è un vero peccato, perché a me gli anni a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento mi hanno sempre appassionato non poco, perché è allora in realtà che nasce la città come la conosciamo noi, con interi quartieri costruiti per i piemontesi, una nuova viabilità con la quale ci confrontiamo quotidianamente, nuove piazze e nuovi monumenti che non hanno certo preso il posto di quelli vecchi, ma che è impossibile da ignorare (dico io, ma riuscite forse a immaginare la città senza Vittoriano? Non che mi piaccia, ma riuscite a figurarvi piazza Venezia com'era ancora alla metà del XIX secolo?). La mostra, pensata per celebrare i 150 anni di Roma Capitale, ci accompagna passo passo, anno dopo anno, dalla breccia di porta Pia allo scoppio della Grande Guerra, e lo fa grazie a progetti, giornali, cartoline, pubblicità (andatele a cercare, non hanno niente da invidiare a quelle odierne, e son tutte da ridere), bozzetti di monumenti oggi familiari, planimetrie e piani regolatori. E poi ci sono le foto del conte Giuseppe Primoli, che ha inquadrato meglio di altri la città di quegli anni, in scatti che ci riportano indietro a un mondo fatto di uomini baffuti, bambini curiosi e signore con l'ombrellino.