Balla abita accanto a quello che è stato per anni il mio dentista. Non proprio accanto, ma dalla finestra di casa sua vedo l'ingresso del mio dottore.
Uno pensa all'artista come qualcosa di ultraterreno, che prescinde dal suo stesso corpo, ma invece non è così: Michelangelo ha pure scritto la lista della spesa (ed è un capolavoro, nel suo
genere), Pontorno prende ossessivamente nota di quello che mangia, pure di Caravaggio conosciamo - pezzo per pezzo - l'arredo di una delle sue case. Quelli che noi definiamo artista è insomma
prima di tutto una persona, con un indirizzo, un numero civico, dei vicini di casa e magari qualche mania. Per questo è bello visitare la casa di un artista, vedere la sua storia minima, la
piastrelle, i termosifoni... chissà se la signora Balla faceva asciugare sul termosifone turchese del bagno i calzini del marito? E se si rompeva una tapparella, a chi toccava sistemarla? E le
riunioni di condominio? Balla avrà mai partecipato? O magari ha lasciato la delega al suo vicino? E alle serate futuriste in questa casa, magari qualcuno chiedeva un Campari, bibita futurista per
eccellenza, la cui bottiglietta viene disegna da Fortunato Depero (un altro che mirava alla ricostruzione dell'universo)?
Balla visse nell'appartamento di via Oslavia dal 1929, anno in cui è costretto a lasciare la casa dei Parioli (nell'attuale via Paisiello) che deve essere distrutta, fino alla morte nel 1958, e
nel quale continueranno a vivere le sue figlie, Elica e Luce, fino al 1994. La casa è l'anima di Balla: qui ogni cosa, nonostante il trascorrere degli anni, lascia immaginare l'artista all'opera
mentre disegna una giacca, si infila le scarpe, sogna magari di sostituire i palazzi giallognoli del quartiere con edifici di tutti i colori, sia dentro che fuori. Casa Balla sembra una casa
giocattolo, e forse tutte le case dovrebbero essere così...