Caro Paolo Fallai, io ti voglio bene ma in fondo ti invidio. Mi spiego: leggo sempre i tuoi articoli sul Corriere, e ogni volta imparo qualcosa di nuovo...(mica la conoscevo per esempio quella storia macabra che riguarda porta Angelica, vedi che mi insegni sempre quello che non so?) però oggi sono passata davanti la libreria e ho visto il tuo nuovo libro, A Roma di notte le fontane si muovono (appena pubblicato da Solferino), e ho provato un piccolo bruciore allo stomaco. Pranzo indigesto? No, avevo appena mangiato due foglie di lattuga e non avevo nemmeno preso il caffè, la giornata era soleggiata e stavo andando ad un appuntamento con un'amica. Il mio animo era quindi ben disposto, e il mio stomaco per niente sollecitato: quel qualcosa che ho sentito allo stomaco era un travaso di bile, una fitta di invidia, un moto di scontento perché quel libro era proprio quello che volevo scrivere io. Perché si legge dappertutto, non importa se perdi il segno, è una guida ma non lo è, racconta piacevolmente delle cose minime o grandiose della città, le storie di quadri motorizzati e delle case dei santi, di architettrici e Gianni Rodari, Torpignattara e Prati, è ottimo per avere degli spunti da usare in conversazioni più o meno dotte (e io lo saccheggio di volta in volta per post e ideo). Insomma, era proprio quello che volevo scrivere io, anzi, io un libro così ci sto pensando da quando ho aperto il blog nel 2014, però adesso che esiste già io mi devo inventare un altro libro, e trovare altro da scrivere. Però...
...Paolo, non è che intanto ti serve un aiuto?