Nella storia recente di Roma pronunciare il nome di Virginia evocava ben altre faccende; sono felice che invece, parlando oggi di lei, a nessuno possa venire il dubbio. La vera Virginia, ora è per sempre, è solo Virginia Woolf: a lei è dedicata la bella mostra di palazzo Altemps, Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing life. E ci sono almeno due motivi per andare a visitarla; il primo è il palazzo stesso, che è sempre un piacere vedere e rivedere, e vedere ancora una volta (meglio la sala con la piattaia o il trono Ludovisi? O forse sbaraglia tutti la loggia dipinta? Impossibile scegliere). Il secondo motivo è appunto la mostra, che ci fa entrare nella stanza tutta per sé, in quel posto di cui la scrittrice aveva bisogno (assieme a un adeguato conto in banca, cosa che spesso nelle citazioni si perde) per poter avere la tranquillità necessaria e dedicarsi così solo alla scrittura. E in quella stanza ritroviamo non solo Virginia, ma anche quelli di Bloomsbury, il gruppo di intellettuali, da Keynes a Roger Fry, che ha animato la stagione culturale della Londra di inizio Novecento. Tanti i ritratti che ci aiutano a dare un volto a quei nomi che spesso abbiamo trovato solo nei libri, mirabili le pubblicazioni della Hogarth Press, la casa editrice indipendente che Virginia e il marito organizzano in casa (anche) per dare qualcosa da fare a lei, e distrarla dalle sue crisi depressive ed esaurimenti nervosi, interessantissimi piatti, stoviglie e menu- come quello che vedete nella foto - usciti fuori dall'atelier Omega Workshop, nato dalla mente di Roger Fry. Insomma, mi è venuta voglia di mettermi a studiare meglio questo pezzo di storia. Non si finisce mai di imparare.